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Il giovane è segno di speranza: la cronaca dell'incontro formativo del 24 marzo
28-03-2019 13:17 - VITA PARROCCHIALE
La scorsa domenica 24 marzo, nella ormai consueta cornice della chiesa parrocchiale di Santa Maria Maggiore di Francavilla al Mare, si è tenuto il terzo Incontro di Formazione organizzato dalla Pastorale della cultura San Paolo VI, in collaborazione con l’Oratorio San Franco. Il tema della serata è stato Il giovane, l’uomo nel meriggio della vita. Mons. Masciarelli ha dapprima ringraziato tutti i convenuti per l’assidua partecipazione, e ha di seguito riassunto gli incontri precedenti: questi – ha esordito – sono dei percorsi educativi e didattici, perché ci danno utili spunti per conoscere l’uomo nelle sue età: ogni età, infatti, ha la sua bellezza, e tutte insieme costituiscono il paradigma della vita, “ogni età va vissuta per il suo valore” (Dewey), e coniugandole insieme si cresce gradualmente; infatti, il bambino è un alunno da riverire (“Maxima debetur pueris reverentia”), è un maestro da ascoltare perché con i suoi codici espressivi comunica con l’adulto; l’adolescente è un soggetto in piena evoluzione, che vive la sua personale tempesta. E il giovane? Il giovane, ha spiegato don Michele, appare al meriggio della vita e porta con sé una storia. Egli è segno di speranza, ed ecco che riappare uno dei file rouge di questi incontri, ma non quella “caramellosa” o “mielosa”, ma una speranza forte, consapevole, che lo rende capace di coordinare e portare a termine degli obblighi che la vita gli pone dinanzi. Il giovane, inoltre, vive dei sentimenti contrastanti tra gioia e sofferenza, perché, come ha illustrato il parroco, egli ha sovrabbondanza di vita e non sa come gestirla, semplicemente perché le sue esperienze sono poche. Il giovane scombussola, inquieta, scuote, ma insieme risolleva, perché la sua vitalità è energia: citando la scrittrice C. Singer, “il giovane è un perturbatore che rianima”. Egli incontra gli ostacoli posti dagli adulti, e arriva a delle soglie di sopportazione che lo turbano perché sa di non poter dominare tutto; e, allora, diventa un fastidioso dissidente. Ma, ha sottolineato don Michele, questi scismi sono necessari, per loro stessi e per gli adulti. L’età giovanile, inoltre, è caratterizzata dall’ambivalenza, perché il soggetto diventa cosciente che le situazioni che si trova a vivere sono difficili: incontra i codici, le convenzioni, i diritti, i doveri, e tutto ciò lo preoccupa, anche se spesso rifiuta il compromesso, perché sa che le sue intenzioni sono pure e avranno efficacia nella sua vita. Egli, però, comincia anche a rivolgersi verso l’alto, verso il trascendente, si orienta verso l’infinito, comincia a crescere il suo senso religioso. Don Michele a questo punto ha posto una domanda: è possibile educare un giovane? Come? La sua risposta è stata affermativa, ma occorre un educatore fermamente dolce, che riesca ad equilibrare in modo intelligente il sì e il no, allo scopo di proteggerlo. Anche per lui vale la pedagogia dell’urto, ma corredata dal dialogo; l’educatore non deve sentirsi imbarazzato dal giovane che ha dinanzi, ma deve sforzarsi di comprenderlo, di dialogare con lui, senza chiudersi in atteggiamenti assolutori o giudiziari, e con intelligenza fine, perché l’educando non ha bisogno di carezze, che spesso lo urtano, ma di qualcuno che lo aiuti a discernere e a crescere. Al giovane educando va insegnato un uso sapiente della sua forza, della sua vitalità, della sua fierezza; egli, infatti, che è attratto dall’infinito, dal desiderio, dal futuro (vive proteso in avanti in una fase di decollo), vive anche una “separazione” – citando ancora C. Singer – e ha bisogno di un adulto che lo sostenga. Infine, egli affronta le sue prime esperienze etiche, la scelta tra il bene e il male, l’amore per la verità che “non si può afferrare” (S. Weill), sentimenti che lo porteranno a diventare un adulto. Prima dei saluti finali e il lancio del prossimo appuntamento che ci sarà domenica prossima 31 marzo, e nel quale si approfondirà il tema L’adulto, l’uomo nel pomeriggio della vita, don Michele ha ribadito che occorre trovare vie di buon senso tra i giovani e gli adulti educatori, per scoprire che vivere insieme è bello.